Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.

In biblioteca nulla è “solo” tuo, ma tutto è “anche” tuo. È un territorio di condivisione. È uno spazio ideale - al limite dell’utopistico - in cui tutti possono prendere tutto, al patto di essere consapevoli che non appartiene a loro. È un luogo rivoluzionario, perché ti permette di conoscere e viaggiare, anche se non hai un soldo in tasca, anche se non hai nemmeno uno scaffale in cui appoggiare un romanzo. È un posto in cui ti occupi degli altri tenendo in mano un libro, perché trattarlo bene significa lasciarlo in ordine e pronto per chi lo prenderà dopo di te. Un po’ come si dovrebbe fare con il mondo, con i valori e i sogni. “La biblioteca perdurerà: illuminata, solitaria, infinita, perfettamente immobile, armata di volumi preziosi, inutile, incorruttibile, segreta”, scrive Jorge Louis Borges (in “La biblioteca di Babele”). La biblioteca è armata. Armata di tutto lo scibile umano. Di tutta quella storia grandiosa e di tutte quelle storie piccine, che vedono protagonista il genere umano. E se si spegnessero i computer, se le tv interrompessero le trasmissioni, lei rimarrebbe lì. Manterrebbe intatta la sua voce. I suoi archivi sarebbero ancora pronti per essere consultati. Per raccontarci ancora del mondo, attraverso parole che nemmeno un blackout totale può spegnere. “Quand’ero piccolo da grande volevo fare il libro. Non lo scrittore, il libro: perché le persone le si può uccidere come formiche. Anche uno scrittore, non è difficile ucciderlo. Mentre un libro, quand’anche lo si distrugga con metodo, è probabile che un esemplare comunque si salvi e preservi la sua vita di scaffale, una vita eterna, muta, su un ripiano dimenticato in qualche sperduta biblioteca a Reykjavik, Valladolid, Vancouver”, scrive Amos Oz in “Una storia di amore e di tenebra”. I libri resistono. Anche al fuoco. Anche quando c’è qualcuno che ha come unica missione quella di incendiarli. In “Fahrenheit 451” di Bradbury, i pompieri devono eliminare non solo tutti i volumi, ma ogni casa che ne contenga uno. Roghi di libri, di abitazioni, ma non di idee. Perché la gente continua a pensare, a trovare soluzioni, e i libri li impara a memoria. Ogni uomo diventa parte di una grande biblioteca di voci. Perché come ci ricordano “Le memorie di Adriano” di Marguerite Yourcenar, “Fondare biblioteche è un po’ come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito che da molti indizi, mio malgrado, vedo venire”.
Simona Bisacchi dal settimanale San Marino FIxing

Dove c’è creatività, composizione, c’è lei: l’ispirazione, la musa. È quel pensiero che arriva talmente chiaro da sembrare illuminato e guida la penna, il colore, o le note per raccontare il mondo da un altro punto di vista. Per raccontare qualcosa che va “al di là” del mondo e della vista. Nella mitologia le nove dee che proteggevano le arti e il sapere erano figlie di Zeus e Mnemosine, la dea della memoria. Il re degli dei e la facoltà di ricordare generano l’arte, diventano ispirazione. Come a indicare che l’essere umano per diventare artista ha bisogno di rievocare quella scintilla di infinito, che abita il mondo - e l’uomo stesso - ma che spesso viene messa da parte, schiacciata, dimenticata. L’arte diventa così memoria, un rispolverare quell’immenso che c’è, è alla portata di tutti, ma solo l’artista sa cogliere e comunicare. Solo l’artista sa riconoscere la meraviglia in mezzo al caos. La musa ispiratrice a volte è una donna in carne e ossa. La moglie Zelda per lo scrittore Francis Scott Fitzgerald. La madre per il pittore futurista Umberto Boccioni. Le numerose amanti di Picasso. Altre volte l’ispirazione è semplicemente un’idea. Il desiderio di provocare di Maurizio Cattelan. O la ricerca di ciò che di più nobile esiste nel mondo e nell’arte. Dante Alighieri con la sua Beatrice fonde questi due aspetti, la donna e l’idea. Descrive la grazia, dandole un nome e dei lineamenti. Ma la donna di cui parla non ha nei. E tocca questo mondo, tocca i pensieri di Dante, solo per renderli migliori. Non crea dissensi, fratture, separazione. Influenza la sua scrittura solo per guidarla, in una ricerca intensa e profonda della verità, della vita. Questo è il compito della musa. Tirare fuori il meglio dell’artista, del pensatore, dell’essere umano. È la capacità di Catherine Barkley di far nascere e crescere un sentimento in mezzo alla furia della guerra, in “Addio alle armi” di Ernest Hemingway. È la rosa superba ma con una sola spina che fa desiderare al piccolo principe di tornare a casa, nel capolavoro di Saint Exupery. È la bizzarra Anna dai capelli rossi che dà un nuovo senso all’esistenza dei due anziani fratelli Marilla e Matthew, nel romanzo (per ragazzi?) di Lucy Maud Montgomery. È la fragile Italia - di “Non ti muovere” di Margaret Mazzantini - che svela al dottor Timoteo che l’amore e la vita sono da tutta un’altra parte rispetto a dove le stava cercando. E a volte seguire l’ispirazione, seguire la musa è semplicemente un atto di coraggio. Il coraggio di descrivere il mondo in un modo diverso da come gli altri lo vedono.
Simona Bisacchi dal settimanale San Marino Fixing
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