Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 Guido Ceronetti entra in sala appoggiandosi a un bastone. Questo personaggio così amato, e discusso, fine drammaturgo, ma anche sagace giornalista, ha più di 80 anni e uno sguardo da bambino. Ben vestito, con un cappello da artista in testa, entra quasi di soppiatto in una sala piena di persone che lo aspettano, per un’informale serata di poesia organizzata da amici. Cammina curvo sulle gambe forti e appena la gente lo intravede si alza un applauso. Lui continua a camminare, guarda davanti a sé, a terra, ma sorride. Si siede su una sedia, gli occhiali grandi sul viso minuto, sul tavolo i libri, una borsa, un bicchiere d’acqua (non fredda!). “Leggere poesia non è come leggere narrativa – spiega lo scrittore - Oggi la lettura è silenziosa, in antichità nessuna lettura era fatta soltanto da muta. Non è male che oggigiorno si moltiplichino letture di poesie ma la riuscita dipende sempre da chi legge. Montale, per esempio, leggeva male. Ungaretti metteva molto patos: ti spaventava, ma era efficace. Una persona con una buona dizione può far rendere gradevole anche una poesia mediocre”. Guido Ceronetti legge poesie di autori diversi, di diverse nazionalità, tutte tradotte da lui, molte raccolte nell’antologia Trafitture di tenerezza (Einaudi). “Le lingue si sanno poco. Le lingue dei poeti ancora meno”. Legge in modo magistrale, toccante, versi di Virgilio, Eraclito, Machado, ma anche Kavafis e Shakespeare. Con assoluta naturalezza e fluidità legge in portoghese, greco e francese. Cattura l’attenzione con la sua smisurata cultura, ma anche con il racconto di aneddoti simpatici. E prima di leggere il Salmo 91 confessa candidamente che una delle sue attrici ha il compito di leggerlo al suo funerale. “Se permettono a un trombettista di suonare Il silenzio avremo un bel funerale”. La sua traduzione dei Salmi è una vera e propria rilettura. È una traduzione vissuta. “La lingua come la conosco e la creo è uno strumento e con i salmi l’ho sicuramente arricchita, c’è stato un approfondimento della musicalità. Quando leggono i salmi nelle messe ti scoraggiano. Se almeno prendessero dei salmi tradotti meglio”. Conclude con una lettura tratta dalla sua raccolta di poesie Le ballate dell’angelo ferito. “Ritengo perduta la lingua italiana. Noi che cerchiamo di difenderla siamo come quelli delle Termopili. Sappiamo che i persiani passeranno ma noi restiamo lì. È una lingua in perdita. Siamo in trincea. La lingua ci viene usurpata. Camminando per strada anche in negozi non hanno più insegne in italiano, ma in inglese”. Nel suo libro In un amore felice (Adelphi), il sottotitolo recita Romanzo in lingua italiana, proprio per sottolineare questa difesa, questa appartenenza. “Non possiamo proporre ai bambini di oggi le poesiole di quando eravamo piccoli noi. Leggetegli delle poesie di Alda Merini, di Pavese, scelte da voi, raccontando un po’ di contorno, di contesto. La poesia ha una musicalità che il cervello dell’infanzia coglie. La poesia dovrebbe essere ben accolta da un bambino che oggi viene riempito di televisione e nozionismo: gli tagliamo le ali già prima che arrivino alle elementari”. Terminata la lettura, c’è stato tempo anche per una piccola intervista, passeggiando lungo il vialetto di un giardino. Ma questa è un’altra storia, e la racconterò più avanti.
 “E MER” Storie del nostro mare Sabato 13 e domenica 14 ottobre, ore 21 – Mulino d’Amleto di Rimini
FOGLIO DI SALA “Si crede che il tempo vada sempre e solo avanti. Ma nelle notti di burrasca il mare sale e scende, tutto si mescola e il tempo impazzisce. Spunta tra le onde la ninna nanna della Seppia, la serenata di Pnel per la sua Maria, una risata… Un canto d’osteria. Il rumore che sentite quando il mare è in tempesta sono le grida delle donne che chiamano i pescatori, sono i bombardamenti, sono una musica arrivata dall’America per farci ballare. Il mare fa andare il tempo su e giù… C’è un tempo vicino al fondale dove Pnel litiga ancora con la Saura e guarda le belle donne. E c’è un tempo ancora più in fondo dove i sogni di Pnel sono ancora sogni. Il mare coccola quel sogno, non lo fa venire su neanche nella burrasca, lo tiene segreto come il più prezioso dei tesori, come la giovinezza. E ride il mare, piange, e si arrabbia. Come un grande vecchio che nessuno ascolta più.” Simona Bisacchi Lenic
Tenacia e caparbietà per far fronte ai marosi della vita, quelli che se non sei abbastanza forte ti spazzano via. Un pizzico di quell’eroismo a cui solo le persone normali sanno attingere nella sfida al destino quotidiano. E poi l’allegria della gente di Romagna, che unisce nelle difficoltà, che fa erompere un canto quando meno te l’aspetti. Questa storia è la storia di Pnel, il cui ciuffo “a pennello” indica la direzione del vento; è un coro di pescivendole che non si piegano; è una ciurma che affronta le tempeste, pur di tornare a casa. È la Rimini degli anni Trenta che vive e che sogna. Che pensa al pesce ma riesce già a immaginare gli ombrelloni, la bella vita che verrà. E dopo la guerra, infatti, la bella vita arriva. Porta i soldi, gli alberghi, le piscine. Porta la giusta dose di leggerezza. Porta anche altri problemi da affrontare, altre storie che s’intrecciano, davanti alla dolce risacca del Mare Adriatico. E la vita, beh quella, la vita, in fondo va sempre presa con ironia. Anche se il tempo passa e non ritorna. Perché in fondo c’è sempre un filo indissolubile che ci lega, noi, noi tutti, al nostro mare. Loris Pironi
Regia Stefania Succitti In scena Simona Bisacchi Lenic, Emanuela Ceccarini, Andrea Cenni, Stefano Della Rosa, Marco Donati, Federica Fabbri, Antonella Gelsomini, Marco Imola, Valeria Marioli, Niccolò Montini, Loris Pironi, Agnese Pdgornik, Maurizio Vettraino Adattamento teatrale Stefania Succitti Monologhi originali Simona Bisacchi Lenic Scenografie Maurizio Vettraino, Andrea Cenni, Sonia De Angelis Luci Antonio Vanzolini Fisarmonica Cesare Succi
Sabato 13 e domenica 14 ottobre, ore 21 – Mulino d’Amleto di Rimini Prenotazione obbligatoria 0541.752056 - 335.8351487
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